domenica 27 maggio 2007

Sagra del popone diaccio marmato (cfr. Feste e sagre, Sardelli, il Vernacoliere)

Quante ce n'è al mondo? E quanto sollecitano di serenità e buonumore, o di elevati sentimenti, o d'amor proprio o patriottico orgoglio! Ci sono le sagre dello spassoso Sardelli e ci sono le grandi ricorrenze nazionali, ci sono poi i tristi anniversari del ricordo dell'umana ferocia, e chi più ne ha più ne metta.

Ci sono feste importanti e sagre paesane; ogni anno c'è anche la festa del papà! Io che sono felicemente coniugato e con prole, tremo ogni anno al pensiero di dover ricevere auguri e affetto non per quel che sono, cioè me stesso, ma in quanto papà.

Insomma, per dirla in breve, complimenti al cazzo. A me però piace poco.

Perchè al di là di ogni fisiologia saremmo soprattutto individui, e invece ci autocelebriamo per quel che non siamo, per qualche accidente di particolarità che non ci riguarda, se non nella sfera animale, e non è certo l'essenziale di noi.

Quale potrebbe essere, allora, la festa dell'io? Forse, per assonanza, la romanissima "festa de noantri"? Neppure, perchè non si tratta di un "noantri" in quanto individui, ma solo in quanto romani, e per ciò stesso, disindividuati a favore di una collettività che deve, è vero, esistere e perciò celebrarsi, ma mai a discapito del vero soggetto della collettività, l'umano individuo.

Ogni popolo ed ogni età ha avuto le sue feste e i suoi riti. Millenni or sono se ne celebrava una molto particolare; era la festa del "Sol invictus", e ricorreva per il solstizio d'inverno; a causa della precessione degli equinozi cadeva pressappoco nella data in cui oggi celebriamo il Natale.

Si dice che fosse la festa che celebrava la rinascita delle forze primaverili; dal momento del solstizio d'inverno, infatti, il sole ricomincia ad allungare il suo corso, preparando con ciò la nuova fioritura e la bella stagione.

In realtà v'era un motivo più segreto e recondito; i sacerdoti dell'antico Egitto celebravano un'antica e segreta esperienza dell'individualità, proprio nel momento in cui il sole pareva ritirarsi nelle profondità della notte, o della notte dell'anno, cioè nel solstizio d'inverno.

Proprio allora sperimentavano il "sole di mezzanotte", in ciò contemplando mistericamente quel che millenni più tardi sarebbe apparso come potere d'individuazione dell'uomo: autocoscienza.

In sintesi era la festa dell'Io. E curiosamente corrisponderebbe alla nostra festa di Natale, se ancora avessimo contezza della sua origine.
Ma siamo troppo occupati a celebrare e rivestire di significati ogni inessenzialità, piuttosto che volgere l'attenzione a ciò che veramente ci rende uomini, e non maschi o femmine o chissà cos'altro: la possibilità di dire io a noi stessi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

la risposta mi è saltata all'articolo "della partenogenesi....etc." marko