Buone
vacanze. Dopo un anno di lavoro e di realizzazioni é finalmente giunto il
momento di partire verso le mete estive; mare, monti, laghi, paesi lontani da
visitare; é finalmente giunto il momento di evadere dalla spesso frustrante e
ripetitiva realtà quotidiana nella quale nostro malgrado ci ritroviamo, quasi
che non l’avessimo noi stessi costruita giorno per giorno, coi nostri pensieri,
con le nostre azioni, con le scelte che hanno determinato la nostra vita, il
nostro destino.
Comunque,
buone vacanze. E che siano vere vacanze, che si riesca cioè a spogliarsi di
tutto quel che ordinariamente si é, di quell’anemica immagine di noi stessi che
ordinariamente presentiamo agli altri, del nostro solito io; perché prevalga e
si esprima in noi l’io che più profondamente sentiamo di essere, che non é
legato ai ritmi della realtà quotidiana, che non ha bisogno di andare a letto
la sera per potersi svegliare presto la mattina e andare incontro ai doveri di
un’esistenza monotona e ripetitiva. Perché possa esprimersi in noi quel poeta,
quell’avventuriero, quel sognatore che ognuno riconosce, incompreso, nel
profondo di sé; perché é in tutti, anche se (tranne che in esseri eccezionali
di cui a volte narra la storia), dorme profondamente.
Buone
vacanze dunque, all’eroe che dorme in ciascuno di noi; perché libero dalle
pastoie della quotidianità possa esprimere ciò che di noi é la realtà più
autentica, proprio perché la meno ordinaria.
E
mentre siamo in vacanza, mentre respiriamo a pieni polmoni quel senso di
libertà e di indipendenza che in città per tutto il resto dell’anno ci é negato
(o ci neghiamo?); possiamo per esempio pensare al significato della parola
vacanza: che cosa é la vacanza?
Capita,
di rado, di pronunciare interiormente una parola; una parola che si é sempre
pronunciata, così, come ordinariamente si pronunciano tutte le parole; di
pronunciarla dunque interiormente, tra sè e sè, e di ascoltarne (sempre
interiormente) il suono, che all’improvviso ci giunge nuovo, come se non
l’avessimo mai sentito; lo ascoltiamo cioè, come se lo assaporassimo,
gustandone, sillaba dopo sillaba, intimi significati, significati nuovi,
inaspettati, inauditi; quella parola ci colpisce come un’idea, e il folgorare
dell’idea di quella parola ce ne restituisce i significati più nascosti.
Se
fossimo uno di quegli uomini eccezionali di cui più sopra si è detto, potremmo
volitivamente evocare questa esperienza, e, già che ci siamo, scegliere per
tema del nostro sperimentare proprio la parola “vacanza”.
Giungeremmo
forse a scoprire che vacanza può significare assenza, e questo lo sanno tutti,
che la parola é affine a vacuità, e anche questo è facilmente osservabile; ma
questa assenza, questa vacuità, questo non esserci (che pedestremente significa
semplicemente che noi non ci siamo perché siamo partiti per le ferie),
presuppone un soggetto che va in ferie, un io che in quanto tale deve comunque
esserci, deve essere presente, e va in vacanza soltanto se può spogliarsi di se
stesso, altrimenti vacanza significa soltanto vacanza per gli altri che si sono
liberati di noi, e non per noi che non ci siamo liberati di noi stessi, e che
quindi, non andiamo in vacanza.
Chi
é dunque colui che a buon diritto può andare in vacanza? Chi, dunque, può
liberarsi di se stesso, essere indipendente dall’immagine di sè che si é
costruito, e che lo condiziona, e che lo fa tornare dalle ferie più stanco e
più spompato di quando é partito?
Evidentemente
solo chi é indipendente da sè, chi non é legato al proprio contingente
apparire, chi non é costretto e determinato dal ruolo che si é scelto, e
quindi, essendo libero da tale veste, da tale ruolo, può essere vacante di sè
stesso e continuamente ricrearsi a proprio piacimento, potendo essere secondo i
casi musicista, poeta, ladro o ragioniere senza tuttavia sentirsi limitato o
determinato dal vestito che ha scelto di indossare; e che per questo,
giocoforza, é sempre in vacanza.
Mentre
tutti gli altri, i più, non lo sono mai. Non lo sono perché non hanno la forza,
il coraggio di uscire da sè, di rinnegare sè stessi, di confutare ciò che
credono essere la parte più intima di sè ed invece è solo una vecchia, bisunta,
logora veste con la quale si sforzano di apparire e che dovrebbero scrollarsi
di dosso se, veramente, volessero andare in vacanza.
Dunque
chi vuole andare in vacanza, chi vorrebbe essere altro da ciò che é, chi pensa
che altri sia la causa del suo malessere interiore, delle difficoltà che
attraversa, chi maledice il proprio destino, in vacanza non andrà mai. Potrà
certo sfuggire un padre possessivo ed impossibile, oppure un caporale odioso;
ma incontrerà un capufficio, un padrone di casa, un agente delle tasse che
saranno sempre e comunque lo stesso padre, lo stesso caporale. E potrà essere a
Catania come a Honolulu, a Londra come a Parigi; non sarà mai in vacanza.
E
così chi vorrebbe andare in vacanza non potrà mai andare, e chi invece può
andare in vacanza non ha alcun bisogno di andarvi, perché se anche fosse in
prigione o all’ospedale, é se stesso, é sempre in vacanza: così va il mondo.
Comunque, buone vacanze.