domenica 2 febbraio 2014

Luce manichea

Tempi beati, quelli del liceo; l'estate cominciava con la lettura del tabellone dei promossi e bocciati. E che estate!

Che trepida attesa, e che urla di gioia, davanti a quel tabellone! Ognuno pregustava l'inizio delle vacanze e l'immancabile premio che avrebbe ricevuto; chi il motorino, chi la chitarra elettrica.

A me quell'anno sarebbe toccata in sorte la "Storia della Letteratura Italiana" in nove volumi del Sapegno, con cui l'originalissimo genitore aveva deciso di premiare il mio sforzo annuale: ahimè, Manzoni preferivo leggerlo piuttostochè farmelo raccontare dal Sapegno, ma non c'era verso; Sapegno doveva essere e Sapegno fu.

Davanti al tabellone però, ancora nulla sapevo delle gratificazioni che mi attendevano, così strillavo e mi dimenavo, proprio come ogni liceale appena promosso che Dio mandi in terra.

E poichè sotto il succitato tabellone, di queste strane creature se n'erano radunate almeno un centinaio, potete immaginarvi che gaio cicaleggio si producesse nell'androne del Liceo, e poi per tutta la piazza.

Facevamo a gara con le rondini; forse eravamo rondini noi stessi sotto quel cielo, in quella luce azzurra che pareva infinita.

Lontano, non vista, una figurina s'allontanava da quella gioia; come un'ombra, quasi un punto di buio:

Capita, a volte, di ferirsi accidentalmente; capita per esempio di tagliarsi un dito.

E capita di osservare, curiosamente dilatati nel tempo, quei primi momenti in cui la ferita non sanguina e non fa male. E pur sapendo che farà male e sanguinerà, restiamo lì, quasi sbalorditi, ad osservare la fenditura, come se si potesse tornare indietro di pochi istanti e rimediare all'errore.

Così, quasi sbalordito, fissavo il tabellone: il mio più caro amico era stato bocciato. Nella gioia del mio risultato non avevo badato a lui e adesso s'allontanava, discretamente, come si conviene.

Quasi sbalordito fissavo quel taglio nell'anima, troppo profondo per poter sanguinare subito, troppo intenso e profondo per divenire subito cosciente nell'anima fresca di un adolescente.

Così tramontava il tempo della mia inconsapevole gioia, mano a mano che l'ombra sorgeva dal profondo, a reclamare la fratellanza con quella luce meravigliosa.

Mi sentivo debitore, io promosso, verso quelli che, bocciati, facevano sì che la promozione esistesse, ci fosse.

Sentivo come la rigogliosa spiga di grano sia debitrice al seme marcito sotto la pietra, più che allo stesso che l'ha generata. Il frutto succoso al fiore reciso, la vita alla morte!

"Noi eravamo uno, è per voi che ci siamo separati!"

Qualche decennio addietro, una sagace amica mi rimbrottava al riguardo di un'esperienza dell'ultramondo; sagace sì, tanto da giudicarla veritiera, ma non fino al punto da coglierne l'essenza: "Tu segui una via di tenebra, ma almeno fai qualcosa, questi qui invece non fanno nulla!".

Dov'è la luce, e dov'è mai la tenebra?

"Ma io mi volgo da un'altra parte
 oh, ammantata nel silenzio,
 oh santa, indecifrabile notte!" Novalis, Inni alla notte