giovedì 9 giugno 2022

Cristo al supermercato

 Una mattina d'estate in Sicilia, credo luglio '93 o '94, una di quelle mattine, calde ma terse e asciutte, come ne capitano da noi al centro, lontano dal mare, ai limiti della montagna.

Una di quelle mattine che, se ne vivete anche una sola nella vita, già sapete ch'è valsa la pena di incarnarsi, foss'anche solo per quella.

Doveva essere di sabato perchè eravamo a casa ed io, finiti i miei esercizi ed in perfetto stato di silenzio mentale, mi preparavo ad uscire a far la spesa al supermercato, la mia signora m'aveva appena dato il foglietto con la lista di quel che occorreva.

In quegli anni avevo cominciato a sperimentare alcuni effetti pratici del silenzio mentale, tra cui il cosiddetto "sangue freddo del serpente": mi accadeva, entrando d'estate in macchina, quand'anche fosse arroventata dal sole, non solo di non soffrire il caldo, ma di goderne, finchè perdurava lo stato di silenzio mentale, proprio come una lucertola.

Non era una patologia fisica, non soffrivo il freddo, giravo in maglietta di cotone come tutti, ma avevo realizzato che nella maggior parte dei casi, la sensazione di disagio e il conseguente sudore, quando fa caldo, dipendono quasi solo dall'istintività subconscia che ci portiamo addosso.

La cosa aveva anche inaspettati risvolti pratici perchè, nel cortile del condominio di casa, i posti all'ombra erano pochissimi rispetto all'abbondanza di posti al sole, ed io lasciavo serenamente i condomini a litigare per quel po' di ombra, posteggiando sotto il sole senza problemi, bello largo, visto che al sole posteggiavo solo io.

Dunque quella mattina scendo in cortile e m'infilo in macchina senza neppure abbassare i finestrini; mano a mano che mi immergevo nella percezione del calore fisico, l'azione di braccia e gambe per via della guida, sollecitava la potenza del volere puro. Perfino il traffico inestricabile del sabato mattina, lungi dall'imprecare per il ritardo, mi consentiva di permanere più a lungo in quella condizione.

Finalmente al supermercato, trovo un posto e scendo dalla macchina; la luce del sole ed il calore che sperimentavo in me, si fondevano in magica continuità; e non me ne preoccupavo troppo, concentrato nella percezione del volere puro che si intensificava ad ogni passo.

Giunto all'ingresso m'infilo al supermercato, e nel passaggio dalla luce all'ombra sperimento una discesa istantanea delle forze dell'Io superiore dalla sommità del capo fino al cuore.

Sapete bene che il tramonto corrisponde sempre alla discesa di forze spirituali nell'umano, così come l'alba è sempre un elevarsi dal terrestre al celeste.

Anche un piccolo "tramonto", così come una piccola alba, ci può consentire l'esperienza; per esempio il passare velocemente dall'ombra alla luce, alle volte agevola l'esperienza delle forze eteriche del Sole.

In questo stato di coscienza "cardiaca" comincio ad osservare l'azione del Signore del Karma, Io-Cristo o Angelo custode, in tutti quelli che erano all'interno del supermercato: curiosamente non sentivo più alcun suono, potevo "leggere" il Karma in ognuno di loro; ma la mia attenzione fu polarizzata da un'altra esperienza, molto più interessante.

Osservai con estrema evidenza che il fatto del destarsi in me della coscienza del cuore, permetteva ad ognuno di loro di sperimentare, supercoscientemente, il rapporto con l'Angelo custode. In breve, l'azione degli ostacolatori era sospesa, ognuno era in contemplazione delle forze dell'Io superiore: una condizione edenica.

Quel supermercato aveva i corridoi molto stretti, e tutte le volte che andavo lì a far la spesa era sempre un continuo scontrarsi di carrelli e conseguenti inevitabili imprecazioni: adesso invece non si scontrava più nessuno, miracolosamente tutti sembravano come le dita di una mano, che strette tra loro, subito si adattano per proteggere quello che fa più male.

Restai in quella condizione di supercoscienza quasi per tutto il tempo della spesa, si attenuava pian piano: giunto alla cassa, avevo posato una confezione di acqua, di quelle da dodici litri, a terra in attesa del mio turno: Una donna di mezza età prende l'acqua e la poggia sul nastro, io subito "signora, ma che fa? E' pesante, dovrei essere io a portare la spesa a lei!".

Mi guarda dritto negli occhi con uno sguardo serio e profondo e dice "Gliela volevo prendere io".

All'uscita dal supermercato ripensavo all'esperienza ed osservavo come avessi potuto avere una tale accensione della coscienza completamente incarnato, senza fuoriuscita della testa eterica, tra il caos del traffico e la confusione di un supermercato affollato.

E mi sovvenne una frase di Rudolf Steiner, tratta da una conferenza che non ricordo, ma che mi colpì particolarmente: "se non fosse per il problema della libertà, gli iniziati, la notte, agirebbero sui corpi astrali degli uomini, e la mattina sarebbe tutto risolto".

Ecco: quella condizione, limitatamente e temporaneamente, si era verificata.

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sabato 2 novembre 2019

Finalmente la commissione contro l'odio!

Quand'ero piccino, come ogni ragazzino dei '60 di buona famiglia e di sani principi morali, andavo sempre in giro con le ginocchia sbucciate, e mia madre, apprensiva come tutte le madri degli anni '60, passava le giornate a cercare di spennellarmi di tintura di iodio da capo a piedi.

Io, bimbetto, non capivo ancora bene, e pensavo si trattasse di "tintura di odio"; tra l'altro l'inenarrabile bruciore conseguente a queste spennellature, costituiva per me prova inconfutabile che il liquido nerastro, fonte delle mie quotidiane torture, fosse davvero l'estratto del più volgare ed orribile tra gli istinti umani, l'odio per l'appunto.

E mi domandavo, non senza turbamento e raccapriccio, come mai potesse venir estratto questo istinto nerastro dall'umana interiorità, fino ad essere venduto in boccette e spennellabile a piacimento.

Immaginavo poveri cervelli accecati dall'odio e subito strizzati fino ad ottenerne un succo che, filtrato e diluito in alcool, venisse confezionato ed etichettato in quelle odiose (vaddasè) piccole e scure boccette.

Apprendo perciò con piacere che finalmente il Senato della Repubblica si appresta ad estirpare alla radice la causa e origine delle mie afflizioni infantili, nonostante l'istinto in questione sia saggiamente connaturato all'umanità, allo stadio attuale della sua evoluzione; resta da stabilire quale sarà il farmaco sostituivo per la disinfezione delle ginocchia sbucciate. Ma in fondo ormai i ragazzini non passano più le giornate a far capriole nei campi: Segno dei tempi.

sabato 8 settembre 2018

Vu cumprà

Un africano, per strada, mi propone il solito paio di calzini di pessima qualità che ho già rifiutato mille volte; gli allungo qualche spicciolo, mi ringrazia e mi porge i calzini, li rifiuto con un gesto della mano e leggo una profonda tristezza nei suoi occhi, una tristezza che ha radici lontane.

E mi chiedo, che cosa gli abbiamo rubato?

Io, rifiutando i calzini, gli ho rubato la speranza; lo guardo che si allontana e ci penso: avrei fatto meglio ad accettarli e gettarli poi nel primo cassonetto dell'immondizia che incrocio? O forse è meglio la cruda consapevolezza?

Forse era un libico, uno di quelli che, prima che gli ammazzassero Gheddafi, godeva del reddito pro-capite più alto del continente africano; e magari lo buttava via anche lui, qualche calzino sfilacciato.

Proprio come noi europei, che abbiamo gettato via Gheddafi e le speranze di quel popolo, proprio come ci si disfa di un calzino bucato.

E con la diabolica consapevolezza di renderli disperati a casa loro e vu cumprà a casa nostra; ma non sono guerre, si chiamano missioni di "peace keeping".

Invece i mercenari pagati dall'occidente si chiamano ribelli e "forze di opposizione", e se proprio si vuole alludere alla realtà delle cose si dice "foreign fighters": è la "neolingua" di Orwell, c'avevate fatto caso?

Anche la lingua italiana ci hanno rubato; ma era nei piani, sapeva troppo di verità e la verità è sempre un po' scomoda, qualcuno diceva che "rende liberi".

E allora comincio a chiedermi che cosa hanno rubato a noi, prima che a loro, perchè fosse possibile tutto questo. Ripenso al lavoro che Enrico Mattei voleva portare nel terzo mondo, ripenso alla speranza di una civiltà industriale capace di mettere al centro lo spirito umano, che voleva realizzare Adriano Olivetti.

E tutte queste speranze, negate dalla brutalità e dalla violenza dell'imperialismo occidentale, non sono morte, nell'animo di chi le comprende risorgono più splendenti di quando furono concepite.

E allora forse quel gesto della mano non è venuto del tutto a sproposito; una mano di ferro schiacciò, mezzo secolo addietro, lo spirito umano che voleva risorgere dal baratro di una guerra; oggi quello spirito è più vivo che mai, perchè si è impresso nella memoria come un marchio di fuoco: proprio grazie alla mano che volle distruggerlo.




venerdì 27 luglio 2018

Lo schiavo inutile

Mentre la nostra classe politica si fa la "guerra dei poveri", dimostrando una lungimiranza e acutezza di visione che sarebbe giudicata insufficiente per un impiego al catasto, "Bain & company" pubblica un'analisi che non impensierisce di certo i "pensatori" nostrani: qui

E se ne parla poco, per esempio ho trovato qualcosa su Repubblica, con un titoletto da far rizzare i capelli (a chi ce li ha) "Robot e invecchiamento, una miscela micidiale".

Già, l'automazione: ma sì che ve n'eravate accorti! L'avete vissuta la rivoluzione informatica e poi quella telematica, adesso preparatevi a vivere quella che impatterà, assai più che le prime due, sulla nostra vita: la rivoluzione robotica.

Hai voglia allora di squittire "Fornero qui Fornero là", quando l'alternativa sarà un robot: "è il mercato bellezza".

La suddetta analisi, al capitolo 2, ci offre una panoramica dell'impatto dell'automazione che è devastante alla data attuale, se consideriamo che la tecnologia robotica (ve lo assicura uno che ha vissuto da tecnico ed in prima persona le prime due rivoluzioni) è appena in fase di decollo, figuriamoci tra vent'anni.

L'uomo si avvia tristemente a divenire uno schiavo inutile; al tempo dei servi della gleba doveva arare, seminare, estrarre metalli, era uno schiavo utile: oggi si avvia ad essere la marionetta, protagonista di "1984" di Orwell, che passa le giornate a scrivere e riscrivere le "fake news" di regime; lo chiamano "settore quaternario" o se volete "terziario avanzato", mentre le attività produttive saranno pressochè esclusivamente eseguite da automi, e pochissimi saranno necessari a garantire il controllo e l'efficienza della gigantesca macchina economica.

Tristemente inutile, e perciò facilmente (e tristemente) sostituibile, ove non sia prono al diktat del potere supernazionale, che già oggi ha cominciato a delineare con chiarezza i suoi appetiti anti-umani.

E' questa la guerra epocale, che tutta l'umanità combatte contro un demone che non suppone e non conosce: un demone che non si mostra, mascherandosi nelle istituzioni finanziarie perfino con pretese di filantropia, elemosinando uno dove ha già depredato mille.

L'equivoco spaventoso in cui rischiamo di incorrere, è che gli Stati debbano venire in soccorso dei lavoratori in difficoltà con sussidi di disoccupazione, pensioni, "redditi di cittadinanza" che possano alleviare la crisi che, inesorabilmente ed ogni giorno di più, incombe.

E indebitandosi in una spirale infinita, sospinta dalle menzogne dello stesso supercapitalismo che ciancia e blatera di parametri di crescita e di PIL, quando l'unica, nuda e cruda realtà è che il denaro viene stampato, emesso e distribuito esclusivamente a debito, ma gli interessi su questo denaro, per bassi che possano mai essere, non vengono mai stampati, e mai nessuno potrà rimborsarli.

Il debito pubblico non fu mai un problema, finchè la Banca d'Italia fu dello stato italiano; il debito era, come si dice, solo una "partita di giro", si stampava in allegria e si esportava alla grande, grazie alle "svalutazioni competitive"; sarebbe solo bastato compiere un ulteriore piccolo passo e giungere al reddito di base incondizionato, per avere un organismo economico definitivamente libero e capace di competere su tutti i mercati.

Proprio questo fattore, nel secolo scorso, rese vivace la nostra economia e florido il nostro paese: l'inflazione, a torto giudicata sempre negativa. Esiste l'inflazione da carenza di merci, ed è quella di Weimar, cattiva, con la gente che andava a comprare il pane con le carriole di marchi. Ma esiste anche l'inflazione buona, dovuta solo ad abbondanza di denaro: in questo caso non è il denaro che insegue la (poca) merce (Weimar) ma è la merce che insegue il denaro.

Così si trovò l'Italia alla fine degli anni '70, senza che nessuno l'abbia veramente voluto: una concatenazione magica di fattori, sociali, economici, politici, fece sì che la moneta fosse abbondante per molti; e gli imprenditori, scoraggiati dall'accumulare una valuta che non offriva garanzie, investivano su tutto; le iniziative fiorivano e si traducevano in lavoro.

Cosa aspettarsi oggi? Non necessariamente l'uscita dall'euro, in fondo è soprattutto nostro, occorrerà semplicemente riprenderselo: i trattati si possono cambiare, si può andare nella direzione indicata, per esempio, da http://iniziativa-redditodibase.ch.

La moneta senza debito ai legittimi proprietari, cioè ai cittadini europei, permetterebbe un'economia più libera, non legata alle pastoie delle garanzie necessarie a lavoratori che, finalmente, padroni del proprio denaro, sarebbero in grado di lavorare senza regole, e allora sì che potremmo davvero far concorrenza ai cinesi.

Una libera economia in un contesto sociale di liberi cittadini, liberi perchè proprietari della loro moneta: il denaro non è una merce, è solo un mezzo di scambio, le banche vorrebbero che lo fosse.

Finchè si vorrà vedere il denaro come una merce, la finanza avrà il piede sul collo dell'economia, e l'economia avrà il piede sul collo dei lavoratori.

Alla chiusura di queste poche considerazioni, sono incappato in una lucida analisi di qualche giorno fa, è proprio vero che i pensieri circolano come l'aria: qui




giovedì 19 giugno 2014

Hanno ammazzato Pablo

Viene finalmente ripubblicato il lavoro più importante di Adriano Olivetti "L'ordine politico delle Comunità": finalmente si può comprare e leggere.

Non che la cosa mi riguardi direttamente, visto che possiedo, ben rilegata in cuoio e praticamente intonsa, l'edizione del 1946 reperita presso un libraio antiquario, a caro prezzo ma valeva la pena.

Mi sorprende però il nuovo frontespizio, il vecchio recitava a tutte maiuscole l'importante sottotitolo: "Dello Stato secondo le leggi dello Spirito". Qui è sparito, sarà stata una svista?

Dal sito di "Edizioni di Comunità" scarico il PDF dell'anteprima, si può leggere fino all'introduzione: l'indice coincide, perlomeno la fine e l'inizio. Cerco "spirito" e non lo trovo, è sparito lo Spirito dal frontespizio. Non ve n'è cenno nell'introduzione, che avrebbe certo dovuto giustificare il rimaneggiamento rispetto all'edizione originale del '46; che a questo punto mi tengo ben stretta.

E mi chiedo, che comunità è mai la nostra, dove non è neppure il caso di citare lo Spirito in un sottotitolo?

Segno dei tempi? Liquefazione neuronale di massa? Incondizionato ossequio ad un implicito "diktat" che ci obbliga a far sparire l'impulso spirituale cristiano, che ha formato l'Europa, dalla cultura di un'accozzaglia di nazioni che si vorrebbe solo finanziariamente, e mai spiritualmente, unite?

Il cristianesimo di Adriano Olivetti, lungi da qualunque contaminazione dogmatica e clericale, potè irradiare luminosamente nei suoi scritti e nella sua opera d'imprenditore. E certamente permane tra le pagine della nuova edizione, purchè non sul frontespizio: qualcuno dice che nel 1960 in realtà fu assassinato -niente di strano per chi comprenda la Storia- oggi viene "assassinato" il frontespizio del suo più importante scritto.

E' proprio il caso di ripetere con De Gregori "hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo!"

sabato 24 maggio 2014

Pane al pane!

L'Europa del meretricio finalmente svela il suo volto, da oggi la prostituzione e la droga saranno parte integrante del PIL; la ricchezza nazionale e la conseguente capacità di produrre (sic!) debito saranno calcolati anche (e direi soprattutto) in base al libertinaggio spregiudicato a cui si vorrebbe condurre ciò che resta della vecchia Europa: Qui il misfatto

Come tornano alla mente, ormai quasi profetici, i versi di De Andrè nel suo "Testamento"!

"ai protettori delle battone
lascio un impiego da ragioniere
perché provetti nel loro mestiere
rendano edotta la popolazione
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana"

I "ragionieri" di Bruxelles ci renderanno quindi edotti di ogni rendita, ma è solo per il nostro bene, pardon! per il nostro PIL. D'altronde sono o non sono i "protettori" dell'Euro?

giovedì 1 maggio 2014

Nudi alla meta!

Lo Spirito è sempre il cammino, mai la meta.

E invece si bussa alle porte dello Spirito nella speranza di un risultato, di un conseguimento da ottenere e custodire, da difendere con cura.

Ottenuto, quale che sia, un purchè minimo e parziale risultato, lo sentiamo appartenere a noi stessi e lo proteggiamo, come fosse la misura del nostro valore.

Di più! Conformiamo tutto il cammino a misura di noi stessi, del conseguimento ottenuto, di quel che già siamo; e quanta dialettica profusa ad avvalorare questa falsa, costruita immagine, che ci difenda dal prorompere dello Spirito!

Ci si scava una trincea di ricordi per non rischiare di doversi trovare, faccia a faccia, con l'ignoto che urge ai confini della coscienza.

Finchè un destino propizio, un radicale dolore, un impulso più profondo e autentico, non ci pongano inesorabilmente di fronte all'abisso, perchè si possa contemplare la vacuità e l'orrore di tutto quel che abbiamo perseguito e voluto "per noi stessi".

Dorian Gray aveva il suo ritratto, noi abbiamo questa coscienza.

L'esperienza dura a lungo, perchè ogni atomo del nostro passato dev'essere purificato sull'olocausto della conoscenza di sè. L'isola di ricordi che continuamente si sgretola e non ci sorregge è la trasformazione del doppio, su cui ottusamente poggiamo per non essere travolti dall'Abisso.

E in questo sgretolarsi del senso di sè basato sui ricordi, ci si ritrova come un seme marcio sprofondato nella terra: non v'è più nulla da gustare del vecchio frutto e niente ancora da ammirare della nuova pianta.

Ma si comincia a comprendere che tutto quello che si trasforma e ci abbandona è esattamente quel che ostacolava la purezza di una visione ulteriore: si affaccia come un'aurora alle porte dell'Anima, l'orrore del vuoto risuona di un'essenza che il nostro attaccamento a noi stessi ci impediva di percepire.

E' questa la meta? Proprio per nulla! Si deve ripetere altre tre volte, prima che ci si possa veramente donare e meritare di poter ricominciare tutto daccapo.

Ed è più difficile ogni ulteriore volta, perchè ogni volta la trasformazione tocca zone più profonde dell'essere: lunga è l'Arte e breve la vita.

Ma ogni volta, tutte le volte, il segreto ineffabile della vittoria è sempre lo stesso:

"nell'ora della battaglia, sia il pensiero di una donna a consolarti".

 


martedì 29 aprile 2014

Libertà vo cercando

"Libertà va cercando, che sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta."

Certo se ci si dovesse suicidare per la libertà politica, assai più che al tempo di Catone l'uticense ne avremmo oggi, altro che lemming!

Per fortuna no; però uno si chiede dov'è la libertà, chi mai la rappresenti, non dico per l'urna, magari solo per un sorriso di speranza.

Molti anni fa, ai tempi di "mani pulite", discutendo con un amico (colto, intelligente, ma irrimediabilmente imprigionato nella logica primitiva del dovere kantiano) mi lasciai sfuggire "meglio un ladro per sè che un ladro per la causa".

Apriti Cielo! Non comprese: e giù a spiegare che un ladro per se stesso manifesta individualità, quindi umanità, ruba ma sa di essere ladro, e in ciò si affaccia, sia pure attraverso l'errore, la scintilla dell'autocoscienza.

Un ladro per la causa no, trova la verità fuori di sè, rispetta, fuori di sè, la legge, la legge della causa a cui si è votato: è gregario di un'ideologia, ed a quei tempi di gregari (e Greganti) ce ne furono eccome, tutti scusati in nome della trascendenza della verità, il massimo male umano.

Oggi mi trovavo a discutere con un amico (colto? Coltissimo, "spiritualmente" impegnato, non si sa bene per chi e per dove, forse un po' alla 'ndo cojo cojo) e manifestava speranza per questo populismo emergente che pare stravincere.

Per carità, nulla da eccepire sulle intenzioni; forse vissute come slogan a cui aderire sentimentalmente, certamente desideroso di omologazione al nuovo "politically correct" che ormai passa anche per la contro-informazione, ma subito, inevitabilmente si veste da "legge morale", e tanto più nitida e limpida quanto più giacobina.

Io no, non mi suiciderò di certo per questo, ma preferisco la libertà:

Preferisco la libertà che non si possa omologare a un'ideologia, quale che sia; che nasce da un impulso sociale che non cerca nella legge la propria giustificazione, perchè la trova in sè, nell'amore per l'azione.

Quindi nuova per il mondo, che ancora non la conosce, perchè non conosce l'Io che non ha dei nè leggi nè patrie a cui genuflettersi, ma sottomette ogni agire alla propria responsabilità, perciò libertà.

Preferisco la libertà che fa paura, perchè conduce oltre il già pensato, oltre ciò che, fissato in canoni e dogmi, cristallizzato nella sua esteriorità, riteniamo reale, e per questo ci opprime.

L'uomo libero non trova, fuori di sè, una realtà precostituita, perchè percepisce la verità là dove nasce, nel momento dell'intuizione sorgiva. E per questo interiore, e se accondiscende al già fatto, ogni volta lo ricrea, perchè è capace di ripensarlo dal fondamento.

Forse qualcuno dei miei quattro lettori si chiederà, a questo punto, come voterà l'uomo libero: difficile a dirsi, sapendo com'è capace di trovare il buono in ogni cosa, magari si commuove e vota per tutti.


martedì 8 aprile 2014

Sacerrima

Non si usa, in italiano, il superlativo assoluto di sacro, se non in contesto letterario. Esiste, è vero, "sacerrimo", ma il termine è arcaico. Per non parlare poi di "sacrissimo", che suona perfino male.

Insomma, non parliamo mai di ciò che è più sacro.

In latino invece l'ablativo "sacerrima" esprime sinteticamente, e mirabilmente, tutto il concetto: delle cose più sacre, di ciò che è più sacro.

Non si parla quasi mai di ciò che è sacro, figurarsi se addirittura si suole disquisire su ciò che è in assoluto "più sacro": qui però, vogliamo parlarne.

Chiunque voglia gettare uno sguardo sui misteri dell'esistenza sente, più o meno oscuramente -aldilà delle risposte della scienza, buone a spiegare tutto e non comprendere nulla, o delle risposte della religione, invariabilmente legate ad una intimità spirituale che però non si fa strada tra i misteri dell'universo- l'enigma centrale, posto e miseramente irrisolto, della coscienza che, contemplando il mistero dell'essere, pone contestualmente se stessa di fronte al mistero del nulla.

E se giungesse a poter meditare con la necessaria profondità quest'immediato assoluto, evidente a chiunque sia dotato di pensiero logico, dovrebbe arretrare impaurita di fronte alla superumana vastità di ciò che sempre si squaderna allo sguardo dell'uomo nell'abissalità della notte, nella profondità del cielo stellato, in ciò da cui continuamente distogliamo lo sguardo interiore.

Insomma, si giunge presto a una "soglia" che è l'esaurimento di ogni categoria dell'essere o "particulare", si arretra impauriti, se si è capaci di profondo pensare, di fronte al vero abisso dell'esistenza.

Ma -come afferma Goethe- consideriamo che "se l'occhio non fosse d'essenza solare, mai il Sole potrebbe mirare"; così di fronte all'Eternità, il pensare dell'uomo deve riconoscersi della stessa archetipica origine, ove minimamente possa giungere a contemplarne il Mistero!

Riconosciamo, in sintesi, che nella contemplazione del pensare si produce un'attività che è al contempo perfettamente libera e in sè perfettamente compiuta.

Inevitabile il riferimento filosofico all'"idea in sè e per sè" di Hegel; in cui però si pone la possibilità dell'esperienza autonoma aldilà delle categorie dell'essere, ovvero indipendentemente dal percepito.

Questa via interiore, che è logicamente possibile percorrere, e non necessita se non dell'autonomia del pensiero logico condotto fino alle sue ultime istanze, è la via indicata nella "Filosofia della Libertà" di Rudolf Steiner.

Questa via interiore fu ripercorsa e riproposta da Massimo Scaligero, e riformulata nel suo "Trattato del Pensiero Vivente".

E' la via interiore a cui ci riferiamo, senza per questo escludere il più vasto portato spirituale noto come "Antroposofia", proposto dallo stesso Rudolf Steiner nel secolo scorso per quegli uomini, e ancora oggi è la gran maggioranza, che ancora non avessero, in sè compiuto, l'anelito il coraggio e la comprensione verso l'immediato assoluto, o abisso dell'esistere, di cui qui è questione.

Verso quest'abisso deve inoltrarsi chiunque voglia gettare luce non effimera sull'enigma della sua esistenza, in quest'abisso si incontra la sorgente della nostra origine: Amore cosmico che si fa Amore umano, da quest'abisso si torna alla vita come esseri liberi.

Rudolf Steiner ne testimonia dicendo "passeranno il Cielo e la Terra, ma non passerà mai l'Amore che li ha congiunti nel cuore dell'uomo", Massimo Scaligero nel Trattato del Pensiero Vivente afferma "chi cerchi le radici viventi del pensiero trova il Divino, la via vera della meditazione, o della preghiera".

Volgendo lo sguardo interiore verso l'Eternità che sottende quest'abisso dell'esistenza, scoprendone l'indissolubile connubio con l'Amore Creatore, riconoscendone il valore sacerrimo, iscriviamo nel destino del Mondo:

Non esiste vero amore che non sia eterno, non esiste Eternità che non sia intessuta d'Amore.

"Nessuno ha mai visto il Padre. Il Figlio unigenito che è nel suo seno, Egli stesso ce l'ha fatto conoscere"

domenica 2 febbraio 2014

Luce manichea

Tempi beati, quelli del liceo; l'estate cominciava con la lettura del tabellone dei promossi e bocciati. E che estate!

Che trepida attesa, e che urla di gioia, davanti a quel tabellone! Ognuno pregustava l'inizio delle vacanze e l'immancabile premio che avrebbe ricevuto; chi il motorino, chi la chitarra elettrica.

A me quell'anno sarebbe toccata in sorte la "Storia della Letteratura Italiana" in nove volumi del Sapegno, con cui l'originalissimo genitore aveva deciso di premiare il mio sforzo annuale: ahimè, Manzoni preferivo leggerlo piuttostochè farmelo raccontare dal Sapegno, ma non c'era verso; Sapegno doveva essere e Sapegno fu.

Davanti al tabellone però, ancora nulla sapevo delle gratificazioni che mi attendevano, così strillavo e mi dimenavo, proprio come ogni liceale appena promosso che Dio mandi in terra.

E poichè sotto il succitato tabellone, di queste strane creature se n'erano radunate almeno un centinaio, potete immaginarvi che gaio cicaleggio si producesse nell'androne del Liceo, e poi per tutta la piazza.

Facevamo a gara con le rondini; forse eravamo rondini noi stessi sotto quel cielo, in quella luce azzurra che pareva infinita.

Lontano, non vista, una figurina s'allontanava da quella gioia; come un'ombra, quasi un punto di buio:

Capita, a volte, di ferirsi accidentalmente; capita per esempio di tagliarsi un dito.

E capita di osservare, curiosamente dilatati nel tempo, quei primi momenti in cui la ferita non sanguina e non fa male. E pur sapendo che farà male e sanguinerà, restiamo lì, quasi sbalorditi, ad osservare la fenditura, come se si potesse tornare indietro di pochi istanti e rimediare all'errore.

Così, quasi sbalordito, fissavo il tabellone: il mio più caro amico era stato bocciato. Nella gioia del mio risultato non avevo badato a lui e adesso s'allontanava, discretamente, come si conviene.

Quasi sbalordito fissavo quel taglio nell'anima, troppo profondo per poter sanguinare subito, troppo intenso e profondo per divenire subito cosciente nell'anima fresca di un adolescente.

Così tramontava il tempo della mia inconsapevole gioia, mano a mano che l'ombra sorgeva dal profondo, a reclamare la fratellanza con quella luce meravigliosa.

Mi sentivo debitore, io promosso, verso quelli che, bocciati, facevano sì che la promozione esistesse, ci fosse.

Sentivo come la rigogliosa spiga di grano sia debitrice al seme marcito sotto la pietra, più che allo stesso che l'ha generata. Il frutto succoso al fiore reciso, la vita alla morte!

"Noi eravamo uno, è per voi che ci siamo separati!"

Qualche decennio addietro, una sagace amica mi rimbrottava al riguardo di un'esperienza dell'ultramondo; sagace sì, tanto da giudicarla veritiera, ma non fino al punto da coglierne l'essenza: "Tu segui una via di tenebra, ma almeno fai qualcosa, questi qui invece non fanno nulla!".

Dov'è la luce, e dov'è mai la tenebra?

"Ma io mi volgo da un'altra parte
 oh, ammantata nel silenzio,
 oh santa, indecifrabile notte!" Novalis, Inni alla notte 

martedì 9 aprile 2013

Dignità e moneta

Prendo spunto da un lucidissimo articolo di Davide Giacalone qui, che ci ricorda come, negli anni più bui della nostra storia dal dopoguerra, la dignità del popolo italiano sia stata svenduta alla concupiscenza di burattinai che, d'oltralpe, manovrarono pochi, ma determinati, ingenui.

Non Gerardo Chiaromonte, comunista più vicino alla tensione morale di Enrico Berlinguer che all'oscurità di quei complotti, che ancora sussistono.

E' però illuminante ricordare come, allato alla distruzione della parte sana della nostra politica, venisse perpetrato l'attacco al cuore del sistema economico italiano:

Col decreto legislativo n.385 1993 (governo Ciampi) veniva abrogata la legge Beneduce, che aveva, fino ad allora, ben definito il ruolo della Finanza nell'economia del nostro paese e preservato le banche dal malaffare.

Che rapporto intravvedere tra l'inizio della distruzione del nostro benessere economico e la svendita della dignità politica?

Senza dubbio inquietante, quali che siano i podromi oscuri di quelle vicende: la coincidenza temporale è inequivocabile.

Un popolo può mantenere il benessere economico solo preservando la sua dignità; la prostituzione è sempre, a un tempo, morale, e di necessità, economica.

sabato 9 febbraio 2013

MUOStruoso!

Il tam tam emozional-complottista che stagionalmente imperversa sui social network (forse in concomitanza del festival di Sanremo, sarebbe da approfondire) mi spinge ad occuparmi del MUOS di Niscemi.

E lo faccio subito volentieri, l'argomento si presta.

Anzitutto perchè non ho letto uno straccio di parere sull'opportunità (sarebbe ora?) di de-secretare certi "impegni", firmati alla resa di Cassibile.

Già, abbiamo perso una guerra, ve n'eravate accorti? Altrimenti perchè avremmo le basi USA in Italia? Niente armistizio niente MUOS.

Poi per tutta la serie di sciocchezze che, a proposito dei rischi da esposizione EM, sono state propinate al pubblico.

Per lo più ci si riferisce allo studio di Zucchetti e Coraddu, reperibile in rete e che mi son preso la briga di leggere qui: mamma li turchi!

Lo studio suddetto si rifà, viceversa, a quello di Zanforlin e Levrieri; sembrerebbe più serio ma non risulta disponibile.

Zanforlin peraltro me lo ricordo bene, da lui ebbi la ventura di farmi scarabocchiare una riga sul libretto universitario, in tempi talmente lontani che mi sembrano un'altra vita. Di certo, a proposito di campi elettromagnetici, a quel tempo avevamo le stesse idee, altrimenti mi bocciava.

Lo studio di Zucchetti brilla per la poca conoscenza della materia del contendere, stancamente si riferisce di continuo alla mancanza, nel lavoro di Zanforlin, del "diagramma polare" delle antenne paraboliche in banda Ka: figlietto bello, ti scrivono che si tratta di parabole da 18,4 metri con 71,4 decibel di guadagno; secondo te come può essere il diagramma polare, a forma di cinesino che ti fa le boccacce?

In sintesi si tratterebbe di 1600 watt di potenza irradiata (ma Zanforlin pare riporti 138), tralasciando le considerazioni sul "campo vicino", che nel caso in questione sembrano davvero pretestuose, se l'antenna guadagna circa 72 decibel su un lobo di circa un decimo di grado, da qualche altra parte deve pur perdere, no? O è come il marketing multilivello che ci guadagnano tutti?

In realtà, per un'installazione di quel genere, dietro o a fianco l'antenna la radiazione è forse perfino difficilmente misurabile. Per fare un confronto, i radioamatori, con potenze paragonabili e rapporti fronte/retro e fronte/lato di 20db al massimo, fanno perfino di peggio.

Il nostro Zucchetti, per calcolare il limite per gli effetti acuti, usa il guadagno dell'antenna; è come se per calcolare il rischio di slogarsi un polso sparando con una P38, si tenesse conto dell'energia di impatto del proiettile!

Ma il meglio lo leggiamo a proposito del trasmettitore LF, quello per chiacchierare coi sommergibili "La potenza di picco del trasmettitore VERDIN può variare infatti da 500 a 2000 KW. Valori estremamente elevati..."

In realtà a quelle frequenze si usano potenze estremamente elevate solo perchè, data la piccola dimensione delle antenne rispetto alla lunghezza d'onda, la maggior parte della potenza non viene irradiata ma va a scaldare il terreno (è metaforico, non vi cuoce un campo di broccoli).

Due conti a spanne, per un'antenna alta centocinquanta metri (Zucchetti parla di antenna radiatore verticale) che deve irradiare a 43 kHz, mi hanno dato una resistenza di radiazione di 0,23 Ohm. In pratica, senza andare troppo in là con le formule, la potenza effettivamente irradiata (ERP) è circa lo 0,5% di quella fornita. i megawatt diventano kilowatt e i kilowatt diventano watt. Questo le emittenti broadcast in onde lunghe lo sanno bene, lo sanno anche i radioamatori, solo Zucchetti non lo sa.

Insomma, tanto rumore per nulla; nulla più di quanto non si trovi già dappertutto nel nostro inquinato pianeta. Sarà che ci ho fatto il callo da piccolo: a quindici anni, sotto l'antenna OC del trasmettitore RAI di Caltanissetta (il più potente d'Italia), ascoltavo il "giornale radio" avvicinando una moneta da dieci lire all'orecchio: la sottile pellicola di ossido della lega faceva da semiconduttore, una densità di campo EM, tosta da spettinare un istrice, faceva il resto.

Per fortuna, ho letto, adesso ci sono le mamme anti-MUOS, curiosamente non ho letto di antifascisti, anche perchè gli antifascisti sono quelli che ce lo stanno impiantando, il MUOS. In certi casi non si sa neppure da che parte schierarsi!


sabato 22 dicembre 2012

La pervicacia dell'idiozia

La nostra classe politica è capace di stupire in negativo anche esalando l'ultimo respiro. Dal moribondo, in genere, ci si attende un ultimo pensiero elevato, spirituale, sintetico dell'estratto di una vita che si appressa al suo compimento.

Il nostro parlamento, nel suo ultimo giorno, ci regala una Tobin Tax che punisce il cassettista e salva il trading ad alta frequenza. Qui una sintesi del misfatto: Tobin tax

Che altro dire? L'orrore di questa democrazia, cancerosa e cancerogena, è pari solo alla protervia con cui il suo grigio garante ne difende, contro il popolo, ogni prevaricazione: Verrà un giorno!

venerdì 30 novembre 2012

L'orrore della verità

Mi capita, al lavoro, di voler "travasare" qualche verità scomoda, a colazione coi colleghi d'ufficio.

Così, qualche giorno fa, ribadivo il concetto che l'automazione della produzione muta assai la condizione sociale del lavoratore.

Se nel medioevo il servo della gleba era uno schiavo utile, il lavoratore moderno, grazie alla tecnologia che automatizza sempre più la produzione dei beni e servizi essenziali, si avvia tristemente ad essere "uno schiavo inutile".

E' una realtà che già oggi non sfugge all'osservatore consapevole; quanta parte del lavoro burocratico potrebbe essere evitata, e quanti lavoratori potrebbero essere lasciati a casa, con buona pace d'ogni istanza solidale?

L'uomo diverrebbe uno schiavo inutile, e per questo prono ad ogni volere della casta, ove non assuma su sè, in quanto cittadino, la proprietà della moneta.

Tra i miei ascoltatori uno fu particolarmente colpito dal concetto, e da un lampo negli occhi potei intravvedere -come capita a chi sia abituato a sondare i minimi segnali dell'anima- l'erompere subconscio dell'orrore che immediatamente si veste di indifferenza o scherno, quando il sistema immunitario della coscienza ne smorza l'effetto che sarebbe altrimenti devastante.

E questo è davvero ciò che separa l'uomo dalla sua libertà, la paura di essere consapevole:

Si preferisce credere che chi dilania il nostro paese a pezzi e "bocconi" sia responsabile e capace, piuttosto che rivendicare una sovranità monetaria che rimetterebbe in gioco tutti i valori, politici e morali, a cui bovinamente ci siamo voluti prostrare.

giovedì 18 ottobre 2012

Le origini del nostro debito pubblico e l'inganno di "mani pulite"

Sembrerebbe arduo far coincidere l'origine dei guai della nostra dissestata finanza pubblica con l'operazione, eterodiretta e su scala internazionale, che spazzò via la nostra migliore politica, lasciando libero accesso ai rottamatori del benessere nazionale; ma se la caduta del Partito Socialista Italiano -è ormai risaputo e condiviso- coincise con quella spregiudicata spartizione del bene comune che fu organizzata a bordo del Britannia, assai meno appariscente fu la creazione -ex novo- di un debito pubblico in realtà detenuto -per il tramite della Banca d'Italia- dal popolo italiano.

Un lucidissimo lavoro di Claudio Moffa, ottimamente documentato, spazza via ogni dubbio, qui il testo: Stato sociale, crisi finanziaria, sovranità nazionali

E' "leit motiv" assai diffuso che l'origine del nostro debito pubblico sia dovuta alle "ruberie" della "prima repubblica"; niente di più falso se si comprende l'origine ed il funzionamento della moneta.

Che il nostro popolo possa comprendere prima che sia troppo tardi è quel che veramente mi auguro, chi ignora la propria storia è condannato a subirne le conseguenze.

sabato 1 settembre 2012

Elogio della sconfitta

Antologia di pensieri ad uso dei candidati al diploma di "BUONO A NULLA"

Cos'è una vittoria? Seppure un moto di gioia mi costringe alla positività del traguardo ormai conseguito, un nodo afferra zone oscure dell'anima, quasi a voler contendere alla coscienza ogni spasmo di felicità.

E' un nonsochè di sottile che opera come un veleno, e contrasta la certezza dell'essere in relazione di verità con il mondo. Così, ogni volta, io non mi sento vincitore, piuttosto mi sento canzonato dalla realtà, se affermo, se il mondo afferma nei miei confronti, l'insolenza di un ordine di pensieri che pretenda vestire il reale di verità. Di quella stolta e minuscola verità che usiamo per celare a noi stessi l'orrore dell'inconosciuto, di ciò che permane oltre il fragile velo del convenzionale.

Meglio, molto meglio, trovarsi a dover raccogliere i cocci delle proprie ambizioni, meglio dover dolorosamente riandare all'origine delle proprie certezze. Meglio dover vedere, ogni volta, che dèmone si celi dietro ogni affermazione di sè, dietro ogni ottusa volontà di vittoria.

Così, con l'animo di chi disfà le valige per un gran viaggio che pareva potersi realizzare ed è fallito all'ultimo istante, con l'animo di chi, persa la meta, torna al luogo che pareva abbandonato per sempre, con l'animo di chi rassegna al Fato ogni cosa e sè stesso, voglio tessere l'elogio della sconfitta: unica medicina all'umana presunzione di intrappolare l'essere nella normalità delle piccole affermazioni quotidiane.

Ma non voglio tessere l'elogio di una sconfitta che celi in sè la vittoria, giacchè se ogni vittoria è una sconfitta incompresa, ogni sconfitta, compresa,  potrebbe essere una vittoria, ma che intesa come vittoria sarebbe di nuovo sconfitta; e così indefinitamente, finchè non si esca dal cerchio ottuso di sconfitta e vittoria, di io e mondo, di piacere e dolore, finchè non se ne afferri un senso oltre la prigione duale.

Occulto, come occulta è ogni cosa esistente oltre la dualità. Perciò il senso occulto della sconfitta è la via che conduce, dalle certezze del mondo, sù fino a contezza dell'inanità di ciò che appare vero e degno di considerazione; sù fino a poter essere tacciati, dal mondo che reclama la sua inanità, come perfetti "buoni a nulla".

Perciò gli scritti di questo “blog”, sono tutti
improntati a pensieri, osservazioni e paradossi atti a condurre ogni utilissimo schiavo di questo mondo che appare, sù fino alla perfetta e metafisica condizione di buono a nulla; giacchè è sempre tale, agli occhi del mondo, chi non si sottometta alla falsità del desiderare entro il cerchio della propria prigione.