venerdì 27 luglio 2018

Lo schiavo inutile

Mentre la nostra classe politica si fa la "guerra dei poveri", dimostrando una lungimiranza e acutezza di visione che sarebbe giudicata insufficiente per un impiego al catasto, "Bain & company" pubblica un'analisi che non impensierisce di certo i "pensatori" nostrani: qui

E se ne parla poco, per esempio ho trovato qualcosa su Repubblica, con un titoletto da far rizzare i capelli (a chi ce li ha) "Robot e invecchiamento, una miscela micidiale".

Già, l'automazione: ma sì che ve n'eravate accorti! L'avete vissuta la rivoluzione informatica e poi quella telematica, adesso preparatevi a vivere quella che impatterà, assai più che le prime due, sulla nostra vita: la rivoluzione robotica.

Hai voglia allora di squittire "Fornero qui Fornero là", quando l'alternativa sarà un robot: "è il mercato bellezza".

La suddetta analisi, al capitolo 2, ci offre una panoramica dell'impatto dell'automazione che è devastante alla data attuale, se consideriamo che la tecnologia robotica (ve lo assicura uno che ha vissuto da tecnico ed in prima persona le prime due rivoluzioni) è appena in fase di decollo, figuriamoci tra vent'anni.

L'uomo si avvia tristemente a divenire uno schiavo inutile; al tempo dei servi della gleba doveva arare, seminare, estrarre metalli, era uno schiavo utile: oggi si avvia ad essere la marionetta, protagonista di "1984" di Orwell, che passa le giornate a scrivere e riscrivere le "fake news" di regime; lo chiamano "settore quaternario" o se volete "terziario avanzato", mentre le attività produttive saranno pressochè esclusivamente eseguite da automi, e pochissimi saranno necessari a garantire il controllo e l'efficienza della gigantesca macchina economica.

Tristemente inutile, e perciò facilmente (e tristemente) sostituibile, ove non sia prono al diktat del potere supernazionale, che già oggi ha cominciato a delineare con chiarezza i suoi appetiti anti-umani.

E' questa la guerra epocale, che tutta l'umanità combatte contro un demone che non suppone e non conosce: un demone che non si mostra, mascherandosi nelle istituzioni finanziarie perfino con pretese di filantropia, elemosinando uno dove ha già depredato mille.

L'equivoco spaventoso in cui rischiamo di incorrere, è che gli Stati debbano venire in soccorso dei lavoratori in difficoltà con sussidi di disoccupazione, pensioni, "redditi di cittadinanza" che possano alleviare la crisi che, inesorabilmente ed ogni giorno di più, incombe.

E indebitandosi in una spirale infinita, sospinta dalle menzogne dello stesso supercapitalismo che ciancia e blatera di parametri di crescita e di PIL, quando l'unica, nuda e cruda realtà è che il denaro viene stampato, emesso e distribuito esclusivamente a debito, ma gli interessi su questo denaro, per bassi che possano mai essere, non vengono mai stampati, e mai nessuno potrà rimborsarli.

Il debito pubblico non fu mai un problema, finchè la Banca d'Italia fu dello stato italiano; il debito era, come si dice, solo una "partita di giro", si stampava in allegria e si esportava alla grande, grazie alle "svalutazioni competitive"; sarebbe solo bastato compiere un ulteriore piccolo passo e giungere al reddito di base incondizionato, per avere un organismo economico definitivamente libero e capace di competere su tutti i mercati.

Proprio questo fattore, nel secolo scorso, rese vivace la nostra economia e florido il nostro paese: l'inflazione, a torto giudicata sempre negativa. Esiste l'inflazione da carenza di merci, ed è quella di Weimar, cattiva, con la gente che andava a comprare il pane con le carriole di marchi. Ma esiste anche l'inflazione buona, dovuta solo ad abbondanza di denaro: in questo caso non è il denaro che insegue la (poca) merce (Weimar) ma è la merce che insegue il denaro.

Così si trovò l'Italia alla fine degli anni '70, senza che nessuno l'abbia veramente voluto: una concatenazione magica di fattori, sociali, economici, politici, fece sì che la moneta fosse abbondante per molti; e gli imprenditori, scoraggiati dall'accumulare una valuta che non offriva garanzie, investivano su tutto; le iniziative fiorivano e si traducevano in lavoro.

Cosa aspettarsi oggi? Non necessariamente l'uscita dall'euro, in fondo è soprattutto nostro, occorrerà semplicemente riprenderselo: i trattati si possono cambiare, si può andare nella direzione indicata, per esempio, da http://iniziativa-redditodibase.ch.

La moneta senza debito ai legittimi proprietari, cioè ai cittadini europei, permetterebbe un'economia più libera, non legata alle pastoie delle garanzie necessarie a lavoratori che, finalmente, padroni del proprio denaro, sarebbero in grado di lavorare senza regole, e allora sì che potremmo davvero far concorrenza ai cinesi.

Una libera economia in un contesto sociale di liberi cittadini, liberi perchè proprietari della loro moneta: il denaro non è una merce, è solo un mezzo di scambio, le banche vorrebbero che lo fosse.

Finchè si vorrà vedere il denaro come una merce, la finanza avrà il piede sul collo dell'economia, e l'economia avrà il piede sul collo dei lavoratori.

Alla chiusura di queste poche considerazioni, sono incappato in una lucida analisi di qualche giorno fa, è proprio vero che i pensieri circolano come l'aria: qui