domenica 27 maggio 2007

L'età dell'oro

La visione panoramica dell'insieme delle vicende storiche, susseguentisi attraverso le varie età, puntualmente ci rimanda ad un'età favolosa, detta età dell'oro, di cui non si ha notizia, se non attraverso il mito e la leggenda, e che perciò puntualmente viene collocata in un remotissimo passato, o in un nebuloso avvenire, così lontani da segnare in certo qual modo i limiti, i confini della storia stessa, e che meglio di ogni altro mito rende l'eterna aspirazione dell'uomo al regno della perfetta felicità.

Condizione necessaria acciocchè l'età suddetta sia veramente l'età dell'oro, è dunque che non sia la nostra, quella in cui viviamo, che sia anzi il più possibile temporalmente lontana dagli angusti limiti di un'incarnazione umana, la nostra: Solo così l'età dell'oro può divenire rappresentativa della somma delle nostre aspirazioni.

Lontana, dunque desiderata; e se collocata (come ogni mito che si rispetti) addirittura ai confini del tempo, l'età dell'oro diviene per noi sinonimo di paradiso, perduto o agognato a seconda della sua collocazione temporale, ma in ogni caso posto nel punto all'infinito di quel sentiero che è il tempo, onde si faccia archetipo esteriore ed oggettivo di ciò che sostanzia l'interiorita' umana; il desiderio, che in sè segretamente sa di non poter conoscere appagamento nella successione temporale degli eventi.

Età dell'oro, ma soprattutto età di loro, di quelli che la vivranno o l'hanno vissuta, gli altri, che se fosse la nostra età non potrebbe essere l'età dell'oro; ci troveremmo smarriti di fronte alla possibilità che venga esaudito ed esaurito l'infinito desiderare dell'anima; e dunque si smorzerebbe in noi la scintilla stessa che ci tiene desti, il desiderio dell'oggetto, che non è mai veramente desiderio dell'oggetto, perchè appena che l'oggetto sia posseduto, il desiderio trapassa in qualcosa d'altro, un nuovo irraggiungibile oggetto che ci consenta di non sapere che in realtà non è quello l'oggetto che desideriamo, che in realtà non vogliamo sapere che cosa sia il desiderio, e perciò lo identifichiamo in ciò che riteniamo irraggiungibile, che se fosse raggiungibile, il giuoco del desiderio nell'anima diverrebbe palese, e questo noi non vogliamo, perchè lo temiamo.

Supponiamo dunque che possa esistere un malcapitato che abbia la ventura di trovarsi improvvisamente nel bel mezzo dell'età dell'oro: rapidamente esaurite le brame più pressanti, si troverebbe innanzi ad un vuoto in cui il desiderare, non trovando più alcun oggetto come motivo di brama, inizierebbe a richiudersi in sè stesso vorticando paurosamente, ed alla fine annientandosi nell'infinito vuoto del non desiderio, nell'esaurimento di ogni ingannevole apparire. Onde il malcapitato, svuotato di tutto l'ingannevole desiderare, si troverebbe di fronte allo specchio terso di una coscienza nella quale l'apparire del mondo dei sensi (leggi desiderare) è svelato.

Ed è per questo che l'età dell'oro viene collocata così lontano dalla nostra attuale; inconsciamente la rimandiamo sempre ai confini del tempo; come lo scolaro che non vuole fare i compiti, e rimanda l'evento che lo atterisce oltre l'infinità del pomeriggio, ma al tempo stesso lo agogna come il momento (bramato e temuto) della sua liberazione; liberazione che non può non passare attraverso un autoannientamento della memoria del passato, cioè di quel che crediamo essere il nostro io, e invece ci limita nella prigione del desiderio.

Così desideriamo l'età dell'oro, ma non subito; la collochiamo lontano, alla fine del tempo, in un luogo intemporale che non possiamo raggiungere, per non dover rinunciare a ciò che contingentemente siamo.

E invece l'età dell'oro scorre da sempre in una dimensione parallela alla nostra, ma non visibile, in un tempo che è sempre quello attuale, anzi è e non è mai; in quanto superamento della coscienza del desiderio, quindi superamento della visione del tempo come succedersi di eventi futuri verso cui proiettare una soddisfazione che invero non si potrà mai ottenere.

E continuiamo a sognare l'età dell'oro, come quel santo cristiano che pregava dicendo: Signore Iddio, liberami dal desiderio del peccato; ma per favore, non subito!

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