Povero Sansone, accecato e ridotto in catene: cos'altro avrebbe potuto fare con l'ultimo palpito di forza?
Così fece crollare le colonne della casa dei filistei, e -ci racconta il libro dei Giudici- "Furono più i morti che egli causò con la sua morte di quanti ne aveva uccisi in vita".
E questo ci induce a considerare che ognuno -oggettivo o no che sia, ma ciò non è sindacabile- ha una misura precisa, oltre la quale la sua vita vale meno del danno che può causare a chi lo riduce in schiavitù.
E questa misura -oggettivo o no che sia, ma non ci è di alcuna utilità stabilirlo- non dev'essere superata da nessuno che ci stia nei paraggi. E non tanto per falso e recitato altruismo! anche solo per lucido, freddo e cosciente egoismo, dovremmo poter considerare che la disperazione non è di questo o di quello, la disperazione è gassosa: si espande come la puzza e non ce ne liberiamo più.
E' un'illusione il pensiero che si possa star bene, quando altri attorno a noi soffrono. Possiamo chiuderci a riccio per non sentire la loro sofferenza, certo: finchè non ci esploderà in faccia.
Chi biasimerebbe l'ebreo Sansone, se la sua storia fa parte del libro dei libri? Chi biasimerebbe la Bibbia? Eppure oggi siamo scossi da tutt'altri sentimenti; ma consideriamo che ogni popolo ha i suoi Sansoni, e -per Dio!- sarebbe meglio se non ve ne fossero.
Il villaggio globale di questo nuovo millennio non tollera ostracismi e avversità tra culture. Nel medioevo ci si poteva isolare tra le montagne; oggi non v'è montagna che regga alla tracotanza mediatica delle nostre parabole.
Difficile mettersi nei panni dell'altro, la storia ci insegna che è quasi sempre stato impossibile.
Nessun commento:
Posta un commento